Scopo di questo sito

In questo sito troverete tutto ciò che non è stato mai detto relativamente alla vicenda delle Bestie di Satana.

Troverete i documenti originali del processo, scaricabili liberamente.

Le versioni di persone cui non era mai stata data voce fino ad oggi.

E una visione dei fatti completamente diversa da quella - ormai uniforme ma completamente falsa - dei mass media ufficiali.

Forniremo inoltre aggiornamenti periodici sulla vicenda.

giovedì 12 luglio 2012

Bestie di Satana. A colloquio con Nicola Sapone.


Nella foto: Paolo Leoni e Nicola Sapone durante il processo.


- 22 maggio 2012 -

Sto aspettando nel carcere di Padova di parlare con Nicola Sapone.

Nicola Sapone, il serial killer, quello che avrebbe pisciato sui cadaveri di Fabio Tollis e Chiara Marino; quello che ha ballato sulla tomba gridando “siete zombie ora, siete zombie”; che ha intinto la sigaretta nel sangue, che si è buttato nella tomba quando i cadaveri erano stati gettati dentro, e ha sgozzato le vittime dicendo “sono io il tecnico”; quello che avrebbe messo un riccio in bocca a Fabio Tollis perché costui si lamentava ed era ancora vivo dopo decine di coltellate; quello che avrebbe indotto Andrea Bontade ad uccidersi perché non si era presentato all’appuntamento per uccidere Fabio e Chiara; il mandante dell’omicidio di Mariangela Pezzotta che, giunto sul luogo del delitto, constatando che Mariangela era ancora viva nonostante un colpo di P38 in bocca, dice ad Andrea Volpe “mi fai schifo, non sei stato capace neanche di ucciderla” e finisce a badilate la vittima; il capo carismatico della setta che non hai mai parlato e non si è mai tradito e quando un giorno si è trovato davanti Andrea Volpe al processo gli ha sputato dicendogli “Giuda!”; il presunto responsabile di circa 20 omicidi nel milanese e varesotto.

Anni fa, leggendo libri su serial killer e sette sataniche che trattavano il caso delle Bestie di Satana, la sua figura mi faceva paura e mai avrei immaginato che un giorno me lo sarei trovato davanti, e per giunta in un ruolo del tutto particolare: il ruolo di un avvocato che cercherà di dimostrare che lui non ha fatto nulla di ciò che raccontano, perché la vicenda delle Bestie di Satana è una farsa, una delle tante che i giornali ci raccontano per manipolare le masse.

Ora, mentre aspetto, la mia curiosità è forte ma le domande che mi faccio sono altre, diverse rispetto a quelle che avrei immaginato anni fa. Sono diverse perché ora ho conoscenze diverse e idee completamente differenti rispetto ai media ufficiali, su questa vicenda.

So che lui non è mai stato nel bosco di Somma Lombardo quella notte del 17 gennaio 1998 e non ha mai ucciso nessuno; se avesse ucciso a coltellate Fabio e Chiara, avrebbe avuto gli abiti inzuppati di sangue e sporchi di terra, e la notte non avrebbe potuto tornare a casa senza che i familiari se ne accorgessero e senza lasciare tracce ovunque. Siccome sono stato in quel bosco, ho potuto constatare che in quel punto le radici sono talmente fitte che i ragazzi avrebbero dovuto avere una ruspa, essendo impossibile scavare con una vanga e un piccone. So che i mozziconi di Diana Blu che hanno ritrovato sul luogo del delitto facevano parte di una messinscena, perché dopo sei anni di una sigaretta non rimane la minima traccia, e quindi queste sono state messe lì dagli inquirenti, oppure è un’invenzione dei periti; so che non può aver messo alcun riccio nella bocca di Fabio, perché si sarebbe ferito le mani, e l’indomani i testimoni (amici e familiari) avrebbero notato le ferite. So che Mariangela Pezzotta è stata uccisa da Volpe senza alcun mandato da parte di Sapone.

Ora quindi la storia delle Bestie di Satana mi è chiara e le domande che mi pongo sono altre.

Mi domando innanzitutto che tipo sia Nicola. Poi mi domando se immagina che tipo di complotto è stato orchestrato ai suoi danni e se potrebbe mai immaginare che è stato vittima di un vero e proprio complotto internazionale e come reagirà quando proverò a spiegargli il meccanismo di cui è stato vittima. Mi domando soprattutto se si riterrà almeno in parte colpevole dei reati che gli sono stati addebitati; non ricordando nulla dei giorni del delitto, infatti, Sapone ha sempre assunto una posizione di silenzio (scambiato erroneamente per omertà). Mi domando se accetterà l’ipotesi di aver subìto un vero e proprio lavaggio del cervello per non fargli ricordare nulla, e se sarà disponibile a rivedere alcune delle idee che inevitabilmente si sarà fatto nel corso degli anni sulla sua vicenda.

Entra nella stanza. Appare simpatico, cordiale, vivace. Allo stesso tempo appare abbastanza sicuro di sé. Inizia un colloquio che durerà circa cinque ore ininterrotte.

Ad un certo punto, mentre mi offre un sigaretta, mi fa:

- Ma non hai paura di me? Hanno tutti paura di me.

- E perché dovrei? - rispondo - So che non hai fatto nulla. Ne sono convinto io più di te. Perché tu non ricordi nulla. Io invece ho studiato gli atti più di te e ti dico che non hai fatto nulla.

- Perché sei così convinto? - mi domanda.

E’ curioso di sapere che prove intendo portare, con un po’ di speranza ma allo stesso tempo comprensibilmente un po’ disilluso, avendo capito da tempo che la giustizia, in Italia, è una farsa.

Probabilmente cerca anche di studiarmi, di capire se lo faccio per diventare famoso, per soldi, o per altri motivi.

Gli spiego i vari punti della vicenda: la faccenda della buca, che non poteva essere scavata in quel punto perché le radici sono fittissime e grosse come tronchi d’albero. Gli spiego che se lui, Volpe e Maccione avessero realmente fatto quella mattanza che raccontano, sarebbero stati sporchi di sangue dalla testa ai piedi; avrebbero dovuto quindi farsi una doccia accurata e portarsi un cambio di abiti nel bosco, il che era impossibile data la condizione dei luoghi.

- E’ vero - mi dice - In effetti ho ancora il giacchetto che portavo quella notte, nessuno l’ha sequestrato e mai l’hanno analizzato. Ma era pulito il giorno dopo.

A quel punto aggiungo:

- E poi dimmi una cosa: se avessi davvero messo un riccio in bocca a Fabio, l’indomani avresti dovuto avere le mani con delle leggere ferite. Non è facile maneggiare un riccio senza ferirsi. Come erano le tue mani?

E lui:

- E’ vero... Guidavo la Vespa, e la guidavo normalmente. Se avessi avuto la mano ferita non avrei potuto usare bene le manopole del freno e della frizione.

In sostanza, mi pare di capire che su quella notte del 17 gennaio 1998 ha sempre avuto un dubbio. Non ricordando nulla, ha sempre pensato che forse in qualche modo era coinvolto e probabilmente si è sempre sentito in colpa.

Passiamo poi a parlare anche dell’omicidio Pezzotta.

Capisco che anche per questa vicenda è tuttora roso dai sensi di colpa, si intuisce chiaramente quando mi dice di non essere innocente.

“Non è vero che per quel delitto sono innocente. Lì sono colpevole, perché mi ricordo bene”.

Gli chiedo perché, cosa ha fatto.

Mi risponde che quando lui era arrivato Mariangela era ancora viva. “Se avessi chiamato il 113 anziché scappare, Mariangela sarebbe ancora viva”.

Provo a spiegargli che un colpo di P38 in bocca non ci si può salvare, neanche se l’ambulanza fosse arrivata in pochi minuti. Provo anche a fargli notare che quando un amico ti chiama di notte senza dirti il perché, e tu al momento dell’arrivo trovi un cadavere per terra e il tuo amico con un fucile in mano, è difficile rimanere lucidi e prendere la decisione migliore.

Ma lui prova ancora a sostenere la sua tesi, prova a dire che forse il proiettile aveva colpito un dente e quindi era stato rallentato e l’impatto sulla gola di Mariangela era stato minore. Continua a sostenere che poteva salvare Mariangela; evidentemente il suo inconscio non vuole essere scagionato così presto. Non vuole dirsi innocente.

Sono otto anni che si porta dietro sensi di colpa per tutto; per aver frequentato Volpe, la persona che poi trascinerà nel baratro lui e i suoi amici, Leoni, Monterosso, Zampollo; per l’omicidio di Fabio e Chiara; per l’omicidio di Mariangela.

Lui sa che non è il mostro che i giornali hanno dipinto, ma in fondo a se stesso nutre comunque qualche dubbio; anche perché in ognuno di noi risiede una parte negativa, violenta, che aspetta solo di uscire se stimolata in modo giusto. E lui probabilmente dentro di sé si è sempre domandato se quello che i giornali hanno dipinto non sia una parte di sé sconosciuta, venuta fuori in un momento in cui era drogato, completamente incosciente.

Cambio argomento, tanto so che prima o poi il senso di colpa gli passerà e capirà.
Il colloquio continua serrato. Non è una grande ascoltatore, Nicola. Faccio fatica a fare lunghi discorsi, ma è anche vero che ha molte cose da dire, e comunque, nei giorni successivi, rifletterà sulle cose che ho detto e sulle mie teorie, dimostrando di assimilarle con una velocità che non avrei immaginato, dando prova di aver ascoltato e capito molto più di quanto mi era sembrato ad una prima impressione.

Inoltre – a differenza degli altri suoi amici coimputati – fa domande pertinenti, il che significa che coglie il nocciolo delle questioni. Gli spiego della Rosa Rossa, del simbolismo, dei meccanismi che regolano queste vicende, e lui mi domanda: “E quindi, quale simbolo sarei io, perché hanno scelto me per questo ruolo?”.

Quando glielo spiego non batte ciglio, non dice né sì né no... Si riserva di giudicare.

Ottima reazione, penso.

Un’altra domanda pertinente – che dimostra la velocità con cui Nicola è in grado di afferrare le situazioni – me la fa quando, con tranquillità ma anche in modo netto, mi dice: “Ma se hai ragione tu, allora adesso, a tirare fuori la verità, io rischio la vita. Mi fanno fuori in carcere, e il processo non si riaprirà, ma anche Paolo e gli altri rischiano”.

Lo so, gli dico, ma l’alternativa è starsene zitti.

Gli spiego che comunque, per chi ha organizzato tutta l’operazione, ci sono vie più semplici che uccidere lui, perchè dopo dovrebbero eliminare anche Paolo Marco ed Eros: uccidere Volpe e Maccione, simulando un suicidio, ad esempio; oppure indurre Volpe e Maccione a confessare di essersi inventati tutto (del resto lo hanno già fatto; per l’omicidio di Andrea Ballarin, Volpe prima accuserà Sapone, poi - quando il PM accertò che Sapone era in vacanza a Cuba il giorno del delitto - ritratterà dicendo che si era inventato tutto perché provava dei sensi di colpa verso la vittima, che era un suo compagno di scuola); oppure semplicemente respingere la revisione e non far sapere nulla del lavoro che stiamo facendo.

Capisce al volo e mi dice: “Ok, comunque il rischio c’è; ma non diciamolo a mio padre, non voglio farlo preoccupare per me”.

Dimostra anche un certo equilibrio quando, dopo avermi fatto una serie di obiezioni alle mie tesi che definisce “non facilmente digeribili”, mi dice: “Il problema è che non voglio illudermi; non voglio illudere mio padre, mia sorella, e me stesso...”

Rispondo: “Lo so, ma che alternativa abbiamo?”

Infine, dimostra un carattere deciso, quando dice: “Potrei avere dei permessi, fra poco... Ma che me ne frega dei permessi? Che vita è? O esco per bene o non esco per niente e preferisco stare qui dentro”.

Quando l’atmosfera si rilassa, verso la fine del colloquio, parliamo di cose più leggere. Si parla dei suoi amici di un tempo.

- Ma Paolo cosa pensa di me? Pensa che io sia colpevole? - mi domanda.

Dalla domanda capisco che in questi anni i ragazzi, che erano molto amici, non si sono mai confrontati nelle loro versioni. E Nicola non ha mai provato a contattare Paolo Leoni perché temeva di essere considerato colpevole, di essere considerato l’assassino per colpa del quale poi hanno (non si sa bene come e perché) incastrato gli altri senza l’ombra di una prova.

Gli spiego che all’inizio Paolo pensava che lui fosse un assassino; poi, resosi conto delle assurdità che Volpe, Maccione e Guerrieri dicevano su di lui, ha cominciato a pensare che potessero aver fatto la stessa cosa anche riguardo a Nicola. E infine, da quando Paolo ha nominato me come legale, non ha nessun dubbio e sa che Nicola è innocente, incastrato come hanno incastrato lui, Monterosso e Zampollo.

Gli parlo di Paolo, della reazione che ha avuto quando ha capito il complotto di cui è stato vittima, e aggiungo: “Una volta si è messo a piangere, e mi ha detto: Dio, in che casino mi sono cacciato?”.

Nicola a questo punto mi guarda fisso e mi dice con fermezza e senza mezzi termini: “Paolo non piangerebbe mai. Questa è una cazzata”.

In effetti è vero; non ha pianto, nella foga del racconto ho modificato un particolare; in realtà si è messo la testa tra le mani, in segno di disperazione, ripetendo “Dio che casino, Dio…”; ma non ha pianto.

Aveva ragione il padre quando mi ha detto: “Stia attento quando parla con Nicola; non è un idiota, e non gli si possono raccontare cazzate”.

Mi piace questo aspetto di Nicola. Perché penso che capirà in fretta e sarà un grosso aiuto, per se stesso e per gli altri.

Ad un certo punto riesce anche a farmi tenerezza, questo presunto serial killer assassino che ha terrorizzato l’Italia; il momento è quello in cui, dopo avergli detto che molti credono alla loro innocenza, tanto che è nato un gruppo su facebook a sostegno di Paolo, Marco ed Eros, mi domanda: “E un gruppo a sostegno mio no?”.

Francamente ho un moto di commozione per questa sua esternazione.

- No - gli dico - La tua posizione è un po’ più delicata. Tu eri a Golasecca la notte del delitto di Mariangela, e quindi la tua posizione è diversa rispetto agli altri, ove è palese che non hanno fatto nulla anche solo leggendo gli atti processuali. Però vedrai che col tempo qualcuno ti sosterrà. L’ingiustizia che ti hanno fatto è troppo grande.

Alla fine del colloquio anche lui mi fa le stesse domande che mi ha fatto Paolo: ma perché nessuno ci ha pensato prima? Perché nessuno ha indagato? Perché nessun avvocato, salvo un’eccezione, è mai andato sul luogo del delitto? Perché nessun giornalista ha mai notato questi particolari?

Già, perché? Il mistero non è se quei ragazzi siano colpevoli o innocenti. Il mistero è: chi li ha voluti in galera? E perché?

Di una cosa sono sicuro. I veri colpevoli non andranno mai in carcere. Quelli, dall’alto, forse si divertono a vedere come ci comportiamo, divertendosi con noi più o meno come io mi diverto in un videogioco.

Esco dal colloquio sfinito ma felice. Felice per vari motivi.

Innanzitutto sono contento perché l’ho trovato sveglio, intelligente, pronto a capire, a recepire, a mettersi in discussione e ad aiutarmi concretamente. Nonostante, come gli altri ragazzi, abbia più volte avuto proposte di sconti di pena in cambio di una sua piena confessione, non ha mai accettato questo scambio. Probabilmente chi l’ha incastrato l’ha sottovalutato, come ha sottovalutato gli altri, Paolo Leoni, Eros Monterosso e Marco Zampollo. Una loro confessione avrebbe messo una pietra tombale sul processo e nessuno avrebbe più potuto scagionarli; ma ora forse riusciremo a riaprire il caso e a dimostrare la loro innocenza, perché l’impianto processuale fa acqua da tutte le parti e il complotto contro di loro è stato ordito così male che è facile trovare prove della loro innocenza.

Mi sento felice perché forse sono riuscito a ridare speranza a un innocente che pensava di dover passare la vita in galera e che credeva di essere, agli occhi del mondo, un assassino; forse ho ricucito un’antica amicizia tra Paolo e Nicola; e forse ho liberato una persona da sensi di colpa tremendi per qualcosa che non ha mai fatto.

Forse, mi dico, indipendentemente dall’esito del processo, che potrebbe essere pilotato e manovrato un’altra volta, un giorno racconterò questa storia, racconterò di Nicola, di Paolo, di Marco ed Eros, e farò sapere a molte persone quello che è successo davvero; forse, mi dico, il mio lavoro serve a qualcosa ogni tanto, e questi anni passati a studiare le organizzazioni segrete non sono passati invano.

Forse un giorno capirò anche il senso di tutto ciò.



PS
Chi lo vuole può scrivere a Nicola, presso il seguente indirizzo:

Nicola Sapone
Casa di reclusione di Padova, Nuovo complesso
Via Due Palazzi 35/A
35136 Padova


Sarà ben contento di interloquire con persone che, per una volta, non lo ritengano colpevole dei reati ascrittigli. Mi ha detto che per qualche tempo riceveva lettere in carcere da persone che però lo ritenevano colpevole e volevano dialogare col serial killer. Quando rispondeva che non era un serial killer e non aveva mai ucciso nessuno, non gli scrivevano più. Se potesse ricevere posta da gente normale, che vuole instaurare con lui un dialogo normale, la cosa gli farà sicuramente piacere.
Nicola è disponibile anche a rispondere a giornalisti che gli vogliano fare qualsiasi domanda.



2 commenti:

  1. Ciao Paolo,
    la vicenda delle Bestie di Satana mi ha sempre incuriosito molto, forse perchè erano ragazzi che ascoltavano la musica che ascoltavo io e che ascolto tutt'ora, che frequentavano locali molto simili a quelli che ho frequentato io per molti anni... non lo so, mi sono sempre chiesta chi ci fosse dietro! Ho letto molto su di loro, cose trite e ritrite, sempre la stessa spiegazione, ma tante cose non tornano... ma questi ragazzi come possono non ricordarsi niente di quello che è successo? Colpa delle droghe? Colpa dell'alcool? O non si ricordano perchè non c'erano!?
    Mi fa piacere sapere che c'è qualcuno che vuole sapere la verità, da quello che ho letto stai facendo molto per loro!
    Ammiro il tuo coraggio, anche perchè non è una vicenda semplice...

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  2. ...colpa forse del fatto che erano un gruppo di ragazzi vuoti e plasmabili, e che adesso non sapendo prendersi la responsabilità dei gesti compiuti si mascherano dietro a un "non ricordo"?
    Non c'entra la musica, non c'entra l'ambiente. Il cardine è semplicemente il prendersi le responsabilità delle proprie azioni e pagarne le conseguenze. Chiunque sa bene che uccidere è un crimine, e compiendolo sa bene a cosa rischia di andare incontro.
    Se un soldato uccide perchè gli è stato ordinato è un boia, se un ragazzo lo fa perchè gli è stato ordinato è un povero giovane debole di carattere? Cazzate.
    Sono crimini allo stesso modo, il fatto che fossero ragazzi giovani può muovere a una falsa compassione chi vede le cose ancora solo nell'ottica di musica+abbigliamento+locali
    Un modo immaturo e infantile.
    Fortunatamente qualcuno sta cercando di far luce su quello che veramente è stato.

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